Dopo essermi occupato di meccanica quantistica (nel 1951 pubblicai il libro Quantum theory nel quale spiegavo l’interpretazione di Copenhagen di Bohr e Eisenberg) ho avuto il privilegio di discutere approfonditamente con Albert Einstein che, come sapete, ha sempre sollevato dubbi e perplessità in merito a tale teoria. Le sue obiezioni erano tante, ma tutte focalizzate in un’unica direzione: la teoria è incompleta.
In altri termini, appena pubblicato il libro, ho subito cominciato a credere che deve esistere un’altra teoria della natura, tutta da scoprire, rispetto alla quale la meccanica quantistica opera come una sorta di approssimazione statistica (di gran successo in verità).
Con gli anni sono arrivato alla conclusione che i due grandi scienziati Bohr e Einstein avevano entrambi ragione e che le loro tesi erano solo apparentemente contrapposte.
Insomma, mi sono convinto che la realtà è qualcosa di più complesso e profondo di quanto propongano la fisica classica e la teoria quantistica, così spesso in contrapposizione tra loro. Il misterioso legame (entanglement) tra particelle elementari che apparentemente comunicano a velocità superiore a quella della luce, il comportamento delle particelle, interpretabile ora con il modello corpuscolare ora con il modello ondulatorio, ma non contemporaneamente con entrambi, la violazione del principio di causalità, insomma tutte le apparenti incongruenze delle due teorie possono essere superate pensando ad un universo strettamente interconnesso.
Dalla sua nascita, il big bang, l’universo materiale è rimasto un unico, un’entità all’interno della quale nessun individuo è totalmente indipendente, ma tutti sono legati l’uno agli altri. Quindi il primo concetto a cui mi sono ispirato è quello dell’interezza dell’universo. Per vedere questa interezza dobbiamo osservare più a fondo la realtà, fino a percepire un ordine implicito, cioè non evidente, non esplicito. Ed è questo il secondo concetto alla base della mia teoria, che ho esposto nel mio libro Wholeness and the Implicate Order, del 1980.
Fino alla fine del 19° secolo si pensava che l’universo fosse una macchina, come un orologio in cui ogni parte è indipendente ed interagisce spingendo e tirando rotelle e ingranaggi. Poi, nella prima parte del 20° secolo, è stato scoperto che gli elettroni, che si pensava fossero le parti più piccole della materia, avevano delle proprietà ondulatorie. La meccanica quantistica ha scoperto anche che le onde di luce possono agire come delle particelle. I fisici hanno trovato che un elettrone agisce come un’onda o come una particella a seconda di come viene fatto l’esperimento, in altre parole, dipende dall’ambiente circostante. Questo va contro l’idea meccanica che una parte è indipendente da dove si trova, che l’ambiente non la cambia e il guardarla non la cambia. Invece l’elettrone assomiglia ad una persona che si comporta in modo diverso se sa di essere osservata. Insomma, alla scala dimensionale delle particelle elementari, il risultato della tua osservazione non può non dipendere dal contesto in cui esiste la particella, il quale contesto include anche l’osservazione. Quindi, lo ripeto, tutto ciò assomiglia a quello che succede alla gente che viene disturbata quando si sente osservata. Il modello meccanico che vede il mondo come parti separate non funziona a livello quantistico.
La mia idea è che un elettrone è una particella, ma è accompagnata da un nuovo tipo di campo, che potremmo chiamare olistico. Un campo è qualcosa che si espande in tutto lo spazio. Un buon esempio è un magnete. Se spargi una limatura di ferro su un foglio di carta sopra un magnete, si evidenzia un campo che diventa sempre più debole man mano che si estende nello spazio. Un altro esempio è un’onda d’acqua con un tappo che galleggia. Campi del genere sono noti da secoli e la proprietà comune a tutti è che il loro effetto diminuisce con la distanza. Questo fatto permette alla gente di pensare a cose a distanza come a parti separate, indipendenti ed a comprendere comunque che interagiscono attraverso i propri campi.
Io sono convinto che il campo olistico, in cui sono immerse tutte le particelle, guida tutte le particelle ed in particolare il nostro elettrone.
Concludendo, per rispondere alla domanda, sì, esiste una realtà oggettiva, nella quale tutti siamo immersi e tutti siamo soggetti osservanti e oggetti osservati.