Nov 05

Emozioni distruttive

Emozioni distruttive

Nel tuo libro, Davidson fa riferimento a quelli che definisce “tratti alterati di consapevolezza”. Cosa vuol dire?

Daniel Goleman: Beh, un tratto alterato di consapevolezza è diverso da uno stato alterato. Nella pratica meditativa, con il tempo, è possibile avere esperienze occasionali di beatitudine, rapimento o visioni; può succedere ogni genere di esperienza piacevole. Questi sono stati alterati temporanei, destinati a svanire; quasi tutte le tradizioni buddiste fanno riferimento a essi come a epifenomeni, piuttosto che come a obiettivi in sé. Il consiglio comune è limitarsi a fare la pratica, senza soffermarsi troppo su essi. Uno dei maggiori fraintendimenti della cultura occidentale è stato fraintendere questi stati temporanei; scambiare esperienze di estasi momentanea per la realizzazione autentica. Ma la realizzazione ha a che fare con il consolidamento di quella fondamentale facoltà intuitiva che genera tali esperienze, non con gli stati di beatitudine in sé. Grazie a tale consolidamento, noi alteriamo la mente, o “cervello”, come diremmo in occidente. Raggiungere una certa stabilità vorrebbe dire acquisire quello che Davidson definisce un “tratto alterato”: in altre parole, qualcosa di duraturo. Oggi la scienza sta scoprendo che una lunga pratica meditativa ci porta verso mutamenti durevoli dell’attività cerebrale.

Poiché le emozioni negative sembrano il prodotto di millenni di evoluzione, non è piuttosto desolante contrastarle con la pratica meditativa?

Daniel Goleman: Ritengo che le recenti scoperte a favore della neuroplasticità offrano grande speranza. Sono un convinto sostenitore dei cosiddetti programmi scolastici di apprendimento socio-emozionale per bambini. Infatti, se riusciamo a insegnare ai bambini qualità di tutti i giorni come l’autoconsapevolezza, l’autocontrollo e l’empatia – qualità che aiutano ad affrontare la rabbia, la paura e la depressione e che è possibile insegnare ai bambini con grande facilità – li aiuteremo a modellare il cervello in modo ottimale per il resto della vita. Noi adulti, invece, abbiamo bisogno di qualche lavoro di correzione. E la meditazione sembra assolvere bene questo compito.

Hai studiato gli effetti della meditazione sui bambini?

Daniel Goleman: No. Ma sappiamo che la meditazione modella il cervello, ed è possibile immaginare che essa dà vantaggi maggiori se praticata nei primi anni della vita, quando il cervello si forma, piuttosto che più tardi. Questo è il caso, per esempio, dei tulku, o persone che sono diventate monaci o monache da bambini. Quali effetti ciò abbia non lo sappiamo, perché non lo abbiamo mai studiato; ma siamo in grado di vedere che la meditazione può avvantaggiare molto i bambini nel modo, per esempio, con cui si relazionano alle emozioni negative. È possibile che queste persone, dall’infanzia in poi, abbiano circuiti neurali molto più efficienti nell’inibizione delle emozioni negative, perché hanno avuto il tipo giusto di allenamento mentale. Questo ci porta a chiedere cosa stia succedendo nel cervello di qualcuno che compie un ritiro di tre anni all’età di dodici o tredici anni.

Quali implicazioni ha tutto ciò nel campo della psicologia?

Daniel Goleman: Le ipotesi fondamentali alla base della psicologia sembrano oggi molto legate alla cultura di provenienza, soprattutto per quanto riguarda i limiti superiori del potenziale umano. Freud diceva che il massimo che la psicoanalisi può fare è portare le persone dalla nevrosi all’infelicità comune. Solo negli ultimi cinque anni – più o meno – gli psicologi hanno cominciato a pensare a una psicologia positiva, cioè alla sfera positiva degli stati d’animo. La maggior parte degli studi si sono concentrati sulla dimensione negativa dell’emozione. Adesso esistono psicologi che considerano l’ottimismo, l’equanimità e la felicità come aree che la gente può sviluppare. Ma quelli che potrebbero essere i limiti superiori della felicità sono ancora relativamente circoscritti; per esempio, nella psicologia non esiste nulla che possa approssimarsi all’idea buddista della sukkha, o di una felicità al di là delle circostanze, delle condizioni di vita, di uno stato interiore di appagamento a prescindere da ciò che sta avvenendo. Semplicemente, la psicologia moderna non arriva a vedere ciò.

Qualcuno dei risultati dei vostri studi collettivi è stato particolarmente sorprendente?

Daniel Goleman: Una scoperta inattesa è stata che la pratica meditativa può renderti un osservatore più acuto degli stati emotivi altrui. Io l’ho trovata sorprendente, così come il Dalai Lama, quando ne ha sentito parlare. Paul Ekman, un altro scienziato presente alla conferenza “Mind and Life” è un esperto mondiale di espressione facciale delle emozioni. Ha scoperto quelle che vengono definite “microespressioni”, ovvero transitorie espressioni facciali che durano un ventesimo di secondo o meno. Esse sono completamente automatiche e inconsce, e rivelano i tuoi sentimenti autentici in un momento particolare. Ekman ha creato un test per misurare la capacità della gente a cogliere le microespressioni. Curiosamente, ha scoperto che la maggior parte delle persone che potrebbero desiderare questa capacità – come i giudici, i poliziotti o gli psicoterapeuti – non ha un valore superiore alla media. Mi pare che il gruppo che ha dato i risultati migliori siano stati gli agenti del servizio segreto. Ma quando Ekman ha cominciato a sottoporre il test a praticanti di lunga esperienza, ha scoperto che essi coglievano alcune emozioni – non tutte – con un’accuratezza del novantanove per cento. Fatto interessante, il tipo di emozioni che sapevano distinguere così bene differiva da persona a persona. Ma Ekman non si era mai imbattuto in un’accuratezza così elevata. E questo si rivelò un beneficio imprevisto della meditazione. Potrebbe essere dovuto a un affinamento generale delle percezioni o a qualche tipo di accresciuta empatia. Un principio centrale del buddismo è la compassione, e anche se non sarebbe scientifico tirare delle conclusioni in questo momento, le scoperte di Ekman sono certamente compatibili con la compassione. Di fatto, penso che l’empatia sia un suo prerequisito, quindi questa scoperta è in totale accordo con gli insegnamenti buddisti.

Nel tuo libro, il Dalai Lama dice molto chiaramente che la concentrazione in sé non è una pratica spirituale, in quanto non fa che affinare la capacità cerebrale di messa a fuoco.

Daniel Goleman: Questo è un punto chiave. Non tutte le meditazioni che trasformano il cervello sono necessariamente benefiche dal punto di vista spirituale. Doti meditative come la capacità di concentrazione possono essere, in sé e per sé, molto terrene. Gli stati meditativi cominciano a essere spiritualmente benefici quando vengono usati per sviluppare l’intuizione e la compassione. Quindi, se aumenti la capacità di concentrazione per migliorare le tua facoltà intuitive – per guardare dentro la mente – o per coltivare la compassione, va bene: il beneficio spirituale è genuino. Ma se la usi solo per diventare più bravo nelle arti marziali, non penso che ciò avrà alcun particolare beneficio spirituale. In altre parole, essa può essere usata per qualsiasi fine umano, buono o cattivo, ma senza l’elemento spirituale dell’intuizione e della compassione, l’obiettivo è completamente diverso.

La scienza può aiutare a vincere le emozioni distruttive?

Daniel Goleman: Non penso che la scienza possa inventare qualche accessorio che ci insegni un nuovo modo di praticare; riguardo a questo, sono scettico. Penso che, in ultima analisi, ognuno di noi deve fare questo lavoro da sé, interiormente. Ma penso che, nella nostra cultura, la scienza può contribuire immensamente a confermare, su basi scientifiche, che le tecniche impiegate da millenni nella pratica del dharma sono efficaci. Le scoperte scientifiche che confermano l’efficacia della pratica del dharma nell’alleviare le emozioni disturbanti potrebbero eliminare i dubbi che ostacolano l’impegno nella pratica del dharma. E potrebbero motivare e spingere le persone a lavorare più intensamente nella propria pratica. In questo senso, la scienza può essere di aiuto alla pratica del dharma. E può fare qualcosa di più che diminuire i dubbi dei praticanti del dharma: può suscitare interesse in chi non ha mai praticato, spingendolo a cominciare a meditare.

Penso che uno degli sviluppi più importanti sia il fatto che oggi, in occidente, scienziati di altissimo livello stiano facendo misurazioni avanzatissime su praticanti del dharma di lunga esperienza. Questo è diventato un campo di ricerca così importante che a settembre questi scienziati esporranno i loro risultati e le loro riflessioni a una pubblica conferenza al MIT. In una ricerca parallela, Paul Elkman, nell’Università della California a San Francisco, sta facendo esperimenti su un misto di meditazione buddista e tecniche occidentali che saranno offerte in un contesto secolare, per aiutare chiunque possa trarne beneficio. Entrambi questi sviluppi sono il risultato diretto dell’esplicita sollecitazione del Dalai Lama.

In conclusione, qual è la cosa più importante riguardo il potenziale della mente di trasformarsi e liberarsi dalle emozioni negative?

Daniel Goleman: Beh, cominciare a guardare le cose come avrebbe fatto il Buddha.

Traduzione di Gagan Daniele Pietrini

Copyright per l’edizione Italiana: Innernet

Fonte: http://www.innernet.it

Letture consigliata



Sharon Begley

La Tua Mente può Cambiare

Rizzoli
ISBN: 9788817017749
Prezzo € 17,50

Compralo su Macrolibrarsi



Dalai Lama

Emozioni Distruttive – Edizione Economica

Liberarsi dai tre veleni della mente

Oscar mondadori
ISBN: 8804533595
Prezzo € 9,40

Compralo su Macrolibrarsi



Scrivi la tua opinione